In evidenza – 19 Marzo 2023

LETTERA DEL NOSTRO VESCOVO PER IL CAMMINO PASQUALE

(Terza e ultima parte)

LA FEDE: UN TESORO

Nel Giappone di fine ‘500 vivono circa 300.000 battezzati, che hanno ricevuto l’annuncio della fede da missionari come San Francesco Saverio. Quando gli Shogun, con gli editti del 1587 e del 1612, scatenano una persecuzione implacabile e sistematica, si fa strage di preti (tra loro anche il Beato Angelo Orsucci, domenicano lucchese) e di fedeli. In pochi decenni tutto sembra finito, ma in alcune zone dell’arcipelago, piccoli gruppi di cristiani continuano a pregare, a trasmettere la fede, a copiare minuscoli brani di Vangelo, a battezzare i figli, a conservare la memoria dei martiri e dei luoghi degli imprigionamenti e delle uccisioni. Custodiscono la fede ricevuta tra mille pericoli, mime-tizzandosi tra i fedeli buddisti, per ben 250 anni: sette generazioni! Evidentemente, per ciascuno di loro la fede in Gesù Cristo rappresenta un autentico tesoro, che a nessun costo si può perdere.
La vicenda dei “cristiani nascosti” giapponesi, come quella dei tanti discepoli di Gesù che in ogni parte del mondo hanno pagato – e pagano! – un prezzo molto alto per la loro fedeltà a Cristo, testi-monia che l’adesione al Signore e l’appartenenza alla Chiesa sono un dono prezioso, perché apportano all’esistenza quello che niente e nessun altro può dare: la convinzione di non essere soli nel cammino, la capacità di amare tutti indistintamente, una speranza affidabile anche dinanzi alla morte. Ciascun testimone ripete per noi le parole di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”

RI-DECIDERE DI ESSERE CRISTIANI

Novanta giorni, dunque, per riscoprire il tesoro della fede, fino a decidere di nuovo, con rinnovata convinzione ed entusiasmo, di appartenere a Cristo e alla Chiesa, facendo del Vangelo e della persona di Gesù la luce e la forza delle decisioni quotidiane, in ogni campo dell’esistenza. Come fare?
La liturgia domenicale è quest’anno (ciclo A) particolarmente efficace nel riproporre un cammino catecumenale e mistagogico che riprende il kerygma (annuncio fondamentale) della fede: la Veglia pasquale ne è il fulcro e la Pentecoste il punto di arrivo. La qua-resima sarà bene dedicarla a smascherare le false “parole di vita” che ci allontanano da Dio e dalla comunità, rendendoci tristi, poiché non rispondono ai bisogni profondi di felicità e di pienezza; il tempo pasquale sarà propizio per riscoprire la bellezza dell’esistenza in Cristo e nella Chiesa, dono da vivere e da condividere con semplicità e allegria. Fissare in questo modo lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2), sarà favorito anche dalla conoscenza del nugolo di testimoni (Eb 12,1) che incarnano la bellezza e la fecondità umana della scelta di fede.
In ogni comunità ci sono o si conoscono persone e situazioni, di ieri e di oggi, capaci di mostrare come l’adesione a Cristo e alla Chiesa conduca a pienezza di vita e felicità. Non bisogna scomodare i grandi personaggi: si possono porre in evidenza anche i “santi della porta accanto”: i genitori che crescono con amore i figli, gli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, i malati che non perdono la speranza, le religiose anziane che continuano a sorridere, […] quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio (cf GeE 7).

I CREDENTI, UN DONO PER TUTTI

Scrivevano i vescovi italiani nel 1981: “Se non abbiamo fatto abba-stanza nel mondo, non è perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza” (CEI, La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n. 13). Amare e servire il Signore non è in concorrenza con l’amore e il servizio verso i fratelli, anzi lo fomenta e lo esalta più di qualsiasi ideologia o filantropia. Crescere nella fede non è quindi alternativo, ma propedeutico e complementare all’impegno nella carità: le comunità cristiane e i singoli credenti, man mano che lasciano en-trare Cristo nella propria vita concreta, sanno fare maggior spazio ai fratelli, vincendo l’egoismo e l’indifferenza. Al contrario, una Chiesa che lasciasse indebolire la relazione con il suo Signore si ritrove-rebbe demotivata e sfiduciata, incapace di donarsi con generosità e autenticità. Non lasciamoci dunque confondere da artificiose con-trapposizioni tra identità e servizio, tra verità e carità, tra preghiera e azione; l’esperienza dei santi anche qui ci viene in aiuto, mettendo in evidenza l’intima connessione tra tutte queste dimensioni.

GRAZIE PER LA VOSTRA FEDE!

Caro fratello, cara sorella, in questi quasi quattro anni di ministero episcopale nella Diocesi di Lucca ho potuto incontrare molte perso-ne e conoscere storie che mi hanno davvero edificato, poiché mi hanno mostrato come per tanti la fede sia stata ed è un tesoro, capa-ce di sostenere nelle prove, ispirare progetti di bene, dare gioia alla vita nonostante le difficoltà, suscitare un amore fedele oltre ogni fragilità, riscattare dalle cadute del peccato… Sono grato a Dio per tutto questo, perché mi ha aiutato nel mio cammino di fede e mi ha dato molta speranza per il futuro della Chiesa in terra lucchese.

Buon cammino pasquale a tutti noi!

+ Paolo Giulietti

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In evidenza – 12 Marzo 2023

LETTERA DEL NOSTRO VESCOVO PER IL CAMMINO PASQUALE

(Seconda parte)

UN ATEISMO STRISCIANTE

Ci sono alcune espressioni, che si richiamano e completano a vicenda e che spesso capita di ascoltare (forse anche di dire), senza rendersi conto del loro effetto spiritualmente depressivo.

“Non c’è niente da fare”. I problemi sono tali e tanti che superano le possibilità di ciascuno; ciò che si riesce a fare appare come una piccola goccia nel mare. È evidente che non ha rilevanza, per cui non fa nessuna differenza il cercare o il non cercare di comprendere; il darsi o non darsi da fare; il provare o il non provare a fronteggiare le difficoltà. Questa obiezione è espressa quasi sempre in relazione alle grandi questioni del nostro tempo: la custodia del creato, la giustizia sociale, la pace… Essa, però, viene anche riferita all’ambito della vita personale o relazionale, dove certe situazioni di tensione, di limite o di sfida vengono ritenute superiori alle proprie forze.

“Non è possibile cambiare. Si è fatto sempre così”. Ci sono modi di fare e di pensare che si trascinano nel tempo, riproponendo situazioni di peccato, di ingiustizia, di divisione… o semplicemente trasformando la vita cristiana dei singoli e delle comunità in una sterile ripetizione di riti e di tradizioni di cui non si coglie quasi più il senso originario, ma che si continuano a celebrare stancamente, più per paura del nuovo che per intima convinzione.

“L’importante è godersi la vita”. Stanti così le cose, non vale davvero la pena sprecare energie e tempo per cercare di comprendere e attuare il Vangelo: è molto meglio cercare di prendere dalla vita – qui e adesso – tutto ciò che essa può dare in termini di soddisfazioni personali, condividendole al più con una ristretta cerchia di amici e parenti. Ciò non riguarda, evidentemente, solo l’ambito del divertimento, ma investe anche la sfera ecclesiale, dove la rinuncia a intraprendere nuovi percorsi di crescita umana e cristiana è il sintomo più eclatante della crisi di fede.

“Che vuoi che sia!” oppure “Che male c’è?”: espressione popolare di quel relativismo etico, “che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (J. Ratzinger, Omelia, 18 apr 2005), con poco o nullo spazio alla responsabilità, alla solidarietà e – in fin dei conti – alla fede.

Dove circolano queste frasi? Certamente nei contesti informali e amicali delle conversazioni da bar o nei social; c’è però una precisa linea culturale che, sotto le bandiere della libertà individuale, del primato dell’amore e del bisogno di divertimento, propaganda una visione profondamente egoista e seriamente disperata dell’esistenza: “mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1Cor 15,32).

Si tratta di un ateismo pratico, che può anche convivere con la pratica di preghiere e devozioni, di fatto privo di ogni riferimento alla fede. Lavoro, studio, affetti, tempo libero, cittadinanza, fragilità… tutto ciò che ci appartiene come persone viene vissuto – di fatto – come se Dio non ci fosse.

PAROLE DI VITA?

Nel contesto “liquido” in cui ci troviamo, molti offrono “parole di vita”: proposte di felicità e di realizzazione di sé che si pongono – più o meno esplicitamente – come alternative alla visione che scaturisce dalla fede. Chi cerca di ispirare al Vangelo la propria esistenza viene invece tacciato di bigottismo, di arretratezza o di ingenuo idealismo, quando non viene additato come nemico del progresso o della vera civiltà. Al massimo si è disposti ad apprezzare le azioni in favore dei poveri, ma solo fino a un certo punto: se ad essere aiutato, infatti, è il carcerato, l’immigrato clandestino, il rom… o chiunque venga giudicato non meritevole di sostegno, allora si viene tacciati di buonismo o di ipocrisia.

Se poi si parla dell’appartenenza alla Chiesa, allora bisogna fare i conti con tutto quello che si pensa, si dice e si scrive attorno al Vaticano, alla pedofilia, alla ricchezza dei preti, all’omofobia e alla misoginia delle gerarchie, all’ipocrisia dei fedeli…

L’atteggiamento verso Papa Francesco sembra rappresentare un’eccezione, ma vale fino a quando egli non vada a ribadire il magistero sulla pace, l’accoglienza, la famiglia, la vita… In quel caso le simpatie mediatiche e popolari (non di rado fondate su un’errata e semplicistica percezione del suo insegnamento) lasciano il posto alle opinioni di cui sopra.

È un vero e proprio bombardamento culturale, che rafforza la titubanza dei dubbiosi, ma che mette in difficoltà anche i più convinti: la fede in Gesù, così fuori moda, così difficile da praticare e sostenere, sarà davvero una risorsa per una vita felice? La figura di persona, di famiglia, di comunità… che il Vangelo propone sarà sul serio capace di condurre a pienezza queste dimensioni dell’esistenza?

(fine 2ª parte – Continua)

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In evidenza – 5 Marzo 2023

LETTERA DEL NOSTRO VESCOVO PER IL CAMMINO PASQUALE

Signore, da chi andremo?
Tu hai parole di vita eterna
e noi abbiamo creduto e conosciuto
che tu sei il Santo di Dio.
Gv 6,68-69

Caro fratello, cara sorella,
anche quest’anno ci lasciamo provocare dalla “novantina pasquale”, cuore dell’anno liturgico e momento di grande importanza per la nostra vita cristiana. Si tratta, infatti, dell’opportunità di rinnovare la nostra adesione a Cristo e la nostra appartenenza alla Chiesa, decidendo nuovamente che l’una e l’altra ci interessano davvero, anzi, che non possiamo in nessun modo farne a meno. Siamo invitati a cambiare modo di pensare e di agire, convertendoci al Vangelo, cioè scommettendo di nuovo la nostra esistenza su questa Parola che sembra spesso tanto lontana dall’agire quotidiano.

LE MOLTE DOMANDE POSTE DALLA VITA

Ciò che accade dentro e intorno a noi non di rado arriva a mettere in discussione la stessa sensatezza e la “convenienza” con l’umano della nostra scelta cristiana: instilla dubbi, fa vacillare le convinzioni, toglie vigore agli impegni, indebolisce i vincoli con i fratelli e le sorelle nella fede, intiepidisce l’entusiasmo…
Il rito delle ceneri, col quale diamo inizio al cammino, interpreta bene tale situazione: abbiamo bisogno di ri-orientarci a Gesù e al suo Vangelo, perché il fuoco interiore non divampa più, non diffonde più luce e calore sufficienti a illuminare la strada e a riscaldare il cuore.

Molti importanti avvenimenti, in effetti, possono aver concorso a tale situazione.

• È ormai trascorso un anno di guerra in Ucraina e le possibilità di pace appaiono sempre più lontane, nonostante gli appelli accorati del Papa e le preghiere di tanti credenti e di numerose comunità. La logica della violenza e del confronto armato sembra l’unica praticabile, come se non bastasse le teoria di morti, distruzioni e violenze sinora prodottasi; come se la drammatica possibilità di un ampliamento del conflitto e di un escalation nucleare non venissero considerati. Chi insiste a parlare del dovere evangelico di cercare seriamente un accordo che metta fine alla violenza passa per ingenuo, utopista, o – peggio! – sostenitore degli interessi dell’aggressore.

• Le ricadute economiche e sociali della pandemia e della crisi energetica fanno sentire il loro peso sulla vita delle famiglie, delle imprese e soprattutto dei giovani: la mancanza di opportunità e i lavori precari o malpagati inducono moltissimi di loro a manifestare scarsa fiducia nel futuro, minando alla radice le ragioni di ogni impegno personale e comunitario. Il Vangelo del Regno appare più una bella favola che una prospettiva da perseguire.

• La cultura sempre più segnata dall’individualismo, insieme il montare delle disuguaglianze, fa sì che molte persone si ritrovino sempre più sole, sempre più lasciate a se stesse e deprivate di quei legami che danno sapore alla vita. Anche la Chiesa viene sentita distante, più istituzione che casa, più rituale che affettiva, più formale che sostanziale. Lo stesso Cammino sinodale viene da molti avvertito come un adempimento da sbrigare, piuttosto che come un’opportunità positiva da cogliere.

• Il recente, devastante terremoto in Anatolia, con tutto ciò che si è scritto e detto attorno al rischio sismico che interessa tutte le terre del Mediterraneo, lascia un senso di incertezza e di precarietà, come se niente e nessuno, incluso Dio, possa conferire stabilità all’esistenza.

• Ci sono poi le vicende personali di ciascuno: le esperienze di fallimento, della perdita di persone care, della malattia, della necessità di cambiare casa, lavoro o città… vanno anch’esse a incidere sulla convinzione che la propria esistenza sia nelle mani di un Dio che è Padre e non patrigno, che sta dalla parte dei propri figli senza assenze o tradimenti.
Dinanzi a tutto questo, ha ancora senso vivere da cristiani? Partecipare alla Messa? Dedicarsi alla preghiera o alla carità? Prendere parte attiva alla vita della propria parrocchia? Assumersi qualche impegno per rendere il mondo migliore? Non è meglio preoccuparsi di tirare avanti, prendendo dalla vita quello che può dare e cercando di farsi meno male possibile?

(fine 1° parte – Continua)

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In evidenza – 26 Febbraio 2023

45ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA

La Giornata ha per tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)». L’auspicio dei Vescovi è che questo appuntamento “rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse“.

Riportiamo la terza e ultima parte del Messaggio preparato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI per questa giornata.

La “cultura di morte”: una questione seria

Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore della vita e della persona umana. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine. Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?

Rinnovare l’impegno

La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte.

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In evidenza – 19 Febbraio 2023

45ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA

La Giornata ha per tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)». L’auspicio dei Vescovi è che questo appuntamento “rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse“.

Riportiamo la seconda parte del Messaggio preparato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI per questa giornata.

Per una “cultura di vita”

Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento.

Ma poi, dare la morte funziona davvero?

D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace.
Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale e sociale che cresce in molti Paesi e che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di ogni vita, anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile in ogni sua fase.
Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?
Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?
Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”
Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?
Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione» (Francesco, Omelia al sacrario di Redipuglia, 13 settembre 2014).

(Seconda parte – Continua)

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In evidenza – 12 Febbraio 2023

45ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA – 5 Febbraio 2023

La Giornata ha per tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)». L’auspicio dei Vescovi è che questo appuntamento “rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse“.

Riportiamo il Messaggio preparato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI per questa giornata.

Il diffondersi di una “cultura di morte”

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione” drammatica: dare la morte. Certamente a ogni persona e situazione sono dovuti rispetto e pietà, con quello sguardo carico di empatia e misericordia che scaturisce dal Vangelo. Siamo infatti consapevoli che certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto… È il mistero del male che tutti sgomenta, credenti e non. Ciò, tuttavia, non elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto.
Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.
Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”.
Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche.
Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.
Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta.
Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi.
Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.

(Prima parte – Continua)

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In evidenza – 5 Febbraio 2023

45ª GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA – 5 Febbraio 2023

La Giornata ha per tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)». L’auspicio dei Vescovi è che questo appuntamento “rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse“.

Invitiamo a leggere il Messaggio preparato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI per questa giornata.

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XXXI GIORNATA DEL MALATO – 11 Febbraio 2023

Garantire a ogni essere umano l’accesso alle cure

Non siamo mai pronti per la malattia” e “spesso nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età” scrive papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale del malato, che si celebra l‘11febbraio sul tema: “Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”. “Temiamo la vulnerabilità e la pervasiva cultura del mercato ci spinge a negarla – continua – Per la fragilità non c’è spazio.
E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti. Può accadere, allora, che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. La malattia fa parte della nostra esperienza umana, ma può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione” aggiunge Papa Francesco.
Per questo, secondo il Papa, “è così importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con l’esempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido “ospedale da campo”: la sua missione, infatti, particolarmente nelle circostanze storiche che attraversiamo, si esprime nell’esercizio della cura”. “Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare” sottolinea Papa Francesco: “La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli”. Il Papa poi rivolge un appello affinchè in ogni paese, “a ogni essere umano sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute” perché “ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare”: La Giornata del malato, in questa prospettiva, “non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti” ma fa pensare anche “al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari grazie ai quali, ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male.

Preghiera per la Giornata del Malato

Padre santo, nella nostra fragilità
ci fai dono della tua misericordia:
perdona i nostri peccati e aumenta la nostra fede.
Signore Gesù, che conosci il dolore e la sofferenza:
accompagna la nostra esperienza di malattia e aiutaci a servirti
in coloro che sono nella prova.
Spirito consolatore, che bagni ciò che è arido
e sani ciò che sanguina:
converti il nostro cuore perché sappiamo riconoscere i tuoi prodigi.
Maria, donna del silenzio e della presenza: sostieni le nostre
fatiche e donaci di essere testimoni credibili di Cristo Risorto.
Amen.

In evidenza – 29 Gennaio 2023

SACRAMENTO DELLA CRESIMA

Domenica 29/01/2023 alle ore 17 durante la S. Messa presieduta dal nostro Vescovo S.E. Mons. Paolo Giulietti riceveranno il Sacramento della Cresima gli adolescenti di 3° Media (Gruppo Effatà):
Andreozzi Matteo – Angili Polage Fernando Viola – Arrighi Isabella – Barsaglini Beatrice – Bernardeschi Sergio – Bonvino Filippo – D’Ascoli Angelo – Gentile Lorenzo – Gervasi Marcos Henrique – Gianni Martina – Jayasinghe Arachchige Shenon Marisha – Kalugamage Sahel – Manetti Martina – Maniscalco Giuseppe – Mariani Anna – Martini Giorgio – Milani Alessio Niccoli Nicola – Onorato Francesco – Pellegrini Margherita Petrini Alice – Piazza Alessandro – Pieri Sofia – Pieri Irene Providenti Cristian – Ruggiero Aurora – Santelices Gian Paolo – Torrini Filippo – Vigolo Giulia e Warnakulasuriya Tharuka.

 

In evidenza – 22 Gennaio 2023

LA RESPONSABILITA’ EDUCATIVA DEGLI ADULTI

Proponiamo la lettura di questo articolo di Umberto Folena pubblicato sul quotidiano Avvenire sabato 14 gennaio 2023.

Ancora una volta è chiamata in causa la nostra capacità di adulti di sapere ascoltare, dialogare, educare i giovani, aiutandoli a porsi dei limiti e ad indirizzare bene l’energie che possiedono.

In evidenza – 15 Gennaio 2023

SETTIMANA DI PREGHIERA PER l’UNITA’ DEI CRISTIANI

18 – 25 gennaio 2023

Imparate a fare il bene; cercate la giustizia (Isaia 1,17)

Signore Gesù, che alla vigilia di morire per noi
hai pregato affinchè tutti i tuoi discepoli fossero perfettamente uno,
come Tu nel Padre tuo e il Padre tuo in Te,
facci provare dolorosamente l’infedeltà delle nostre disunioni.
Donaci la lealtà di riconoscere e il coraggio di rigettare
quanto si nasconde in noi di indifferenza,
di sfiducia e perfino di reciproca ostilità.
Concedi di ritrovarci tutti in Te,
affinchè dai nostri cuori e dalle nostre labbra,
salga incessantemente la tua preghiera per l’unità dei cristiani,
quale Tu la vuoi, con i mezzi che Tu vuoi.
In Te che sei la carità perfetta, facci trovare la via che conduce all’unità,
nell’obbedienza al tuo amore e alla tua verità. Amen

Abbè Paul Couturier

PROGRAMMA

Mercoledì 18 gennaio, nella Chiesa Evangelica Valdese di Lucca in Via Galli 50
– alle ore 21: Preghiera di apertura della settimana.

Sabato 21 gennaio, nella Chiesa di San Michele
– alle ore 15: attività per bambini e ragazzi
– alle ore 17: Celebrazione Ecumenica per i bambini e ragazzi.

Domenica 22 gennaio, nella Chiesa di Santa Rita, a Viareggio
– alle ore 17: Tavola rotonda sul tema: “L’impegno delle Chiese nella ricerca della giustizia”
– alle ore 21: Celebrazione Ecumenica

Mercoledì 25 gennaio, nella Chiesa Ortodossa Romena di Lucca, in Via Sant’Anastasio 1
– alle ore 18.30: Preghiera di chiusura della settimana.