Domenica 18 Luglio 2021

Erano come pecore che non hanno pastore

Domenico Ghirlandaio – Vocazione dei primo apostoli

 

Il Vangelo di oggi (cfr Mc 6,30-34) ci racconta che gli apostoli, dopo la loro prima missione, ritornano da Gesù e gli riferiscono «tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato» (v.30). Dopo l’esperienza della missione, certamente entusiasmante ma anche faticosa, essi hanno un’esigenza di riposo. E Gesù, pieno di comprensione, si preoccupa di assicurare loro un po’ di sollievo e dice: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (v.31). Ma questa volta l’intenzione di Gesù non si può realizzare, perché la folla, intuendo il luogo solitario dove si sarebbe diretto con la barca insieme ai suoi discepoli, accorse là prima del loro arrivo.

Lo stesso può accadere anche oggi. A volte non riusciamo a realizzare i nostri progetti, perché sopraggiunge un imprevisto urgente che scombina i nostri programmi e richiede flessibilità e disponibilità alle necessità degli altri.

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Domenica 11 Luglio 2021

Prese a mandarli

Domenico Ghirlandaio – Vocazione dei primo apostoli

 

Il Vangelo di oggi (cfr Mc 6,7-13) narra il momento in cui Gesù invia i Dodici in missione. Dopo averli chiamati per nome ad uno ad uno, «perché stessero con lui» (Mc 3,14) ascoltando le sue parole e osservando i suoi gesti di guarigione, ora li convoca di nuovo per «mandarli a due a due» (6,7) nei villaggi dove Lui stava per recarsi. E’ una sorta di “tirocinio” di quello che saranno chiamati a fare dopo la Risurrezione del Signore con la potenza dello Spirito Santo.
Il brano evangelico si sofferma sullo stile del missionario, che possiamo riassumere in due punti: la missione ha un centro; la missione ha un volto. Continua a leggere

Domenica 4 Luglio 2021

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria

 

L’odierna pagina evangelica (cfr Mc 6,1-6) presenta Gesù che ritorna a Nazaret e di sabato si mette a insegnare nella sinagoga. Da quando se ne era andato e si era messo a predicare per le borgate e i villaggi vicini, non aveva mai rimesso più piede nella sua patria. È tornato. Pertanto, ci sarà stato tutto il paese ad ascoltare questo figlio del popolo, la cui fama di maestro sapiente e di potente guaritore dilagava ormai per la Galilea e oltre. Ma quello che poteva profilarsi come un successo, si tramutò in un clamoroso rifiuto, al punto che Gesù non poté operare lì nessun prodigio, ma solo poche guarigioni (cfr v. 5). La dinamica di quella giornata è ricostruita nel dettaglio dall’evangelista Marco: la gente di Nazaret dapprima ascolta, e rimane stupita; poi si domanda perplessa: «da dove gli vengono queste cose», questa sapienza?; e alla fine si scandalizza, riconoscendo in Lui il falegname, il figlio di Maria, che loro hanno visto crescere (vv. 2-3). Perciò Gesù conclude con l’espressione divenuta proverbiale: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria» (v. 4). Continua a leggere

Domenica 27 Giugno 2021

Fanciulla, io ti dico: Alzati!

Friederick Overbeck – Risurrezione della figlia di Giairo

Papa Francesco, Angelus Piazza San Pietro Domenica, 1° luglio 2018

Il Vangelo di questa domenica presenta due prodigi operati da Gesù, descrivendoli quasi come una sorta di marcia trionfale verso la vita.

Dapprima l’Evangelista narra di un certo Giairo, uno dei capi della sinagoga, che viene da Gesù e lo supplica di andare a casa sua perché la figlia di dodici anni sta morendo. Gesù accetta e va con lui; ma, lungo la strada, giunge la notizia che la ragazza è morta. Possiamo immaginare la reazione di quel papà. Gesù però gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36). Arrivati a casa di Giairo, Gesù fa uscire la gente che piangeva – c’erano anche le donne prefiche che urlavano forte – ed entra nella stanza solo coi genitori e i tre discepoli, e rivolgendosi alla defunta dice: «Fanciulla, io ti dico: alzati!» (v. 41). E subito la ragazza si alza, come svegliandosi da un sonno profondo (cfr v. 42). Continua a leggere

Domenica 20 Giugno 2021

Non avete ancora fede?

Rembrandt, La tempesta sedata

 

La scorsa domenica Gesù ci ha ricordato che il Regno di Dio si realizza continuamente ma nella semplicità, nel silenzio, senza tuoni e fulmini. Questa settimana ci invita ad avere fiducia in Lui, Signore della vita che con la sua Pasqua ha sconfitto la morte.

Passiamo all’altra riva: Gesù ha appena terminato il discorso sulle parabole, è stanco ma occorre andare avanti. Si addormenta a poppa su un cuscino, un quadro molto umano.

Non ti importa che moriamo? I discepoli erano pescatori esperti, se si preoccupano in questo modo vuol dire che la situazione è realmente pericolosa. Ma Gesù continua a dormire tranquillo.

Non avete ancora fede? Gesù viene svegliato non dalla tempesta ma dal grido disperato dei discepoli. Si rivolge al mare e dice: Taci, calmati!, e il mare si placa. Poi si rivolge ai discepoli e chiede: “Perché siete così impauriti? Non avete ancora fede?” Quando si è con Gesù non si corre alcun pericolo, occorre avere fiducia, come gli ebrei che attraversarono senza paura il mare nell’esodo.

Chi è quest’uomo? Anche se hanno vissuto a lungo con Gesù, i discepoli non lo conoscono realmente. È quanto accade anche a noi, che spesso non siamo capaci di superare la conoscenza “intellettuale” ed accogliere l’amore di Gesù lasciandolo trasformare la nostra vita.

Domenica 13 Giugno 2021

Inizi modesti, risultati insperati

Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia a cresce ( Marco 4,27)

Quando gli uomini vogliono realizzare un progetto, spesso pretendono di avere a disposizione ingenti risorse economiche, di personale, di mezzi. Ma spesso i risultati non sono all’altezza delle risorse impiegate.

Dio invece agisce nella povertà e nella semplicità, senza fare rumore, senza ricercare previlegi, spesso con poche persone disposte a seguirlo, ma con questo stile raggiunge effetti straordinari.

È questo che Gesù vuol far capire ai suoi discepoli, per guarirli da due pericolose malattie.

La prima è l’affanno di chi agisce come se fosse solo, come se tutto dipendesse da lui, per poi spesso finire con un crollo totale. Ardere” per Dio non vuol dire “bruciarsi”, esaurirsi: è Dio che si impegna in prima persona a realizzare il suo progetto. E’ Dio che è entrato nella storia per dare una svolta al suo corso. Il discepolo deve riconoscere, apprezzare, assecondare un’azione che lo supera. Quando questo non avviene è perché sta venendo meno la fiducia: fiducia in Dio, nel suo Spirito, in quel seme buono che Gesù ha deposto nel terreno dell’umanità. L’affanno è proprio il contrario della fede e rischia di provocare più danni che benefici. Il che non vuol dire stare con le mani in mano, ma operare con la serena certezza che Dio mantiene le sue promesse, al di là di qualsiasi nostra attesa.

La seconda malattia è l’impazienza: l’impazienza di chi non sa attendere, di chi vuole tutto e subito, di chi ha bisogno di segni eclatanti, sbalorditivi, che attirano l’attenzione dei media, che suscitano meraviglia e plauso. Continua a leggere

Domenica 6 Giugno 2021

Corpus Domini

Prendete: questo è il mio corpo… ( Marco 14,22)

Ogni gesto resta, inevitabilmente, un gesto ambiguo, se non è accompagnato da una parola che lo illumina e ne dichiara il significato. Ogni gesto viene rafforzato o indebolito da colui che lo compie, perché viene collegato con la sua vita, con quello che ha fatto e ha detto.
Il gesto che Gesù compie nell’Ultima cena poteva essere solamente un gesto comune: quello compiuto dal capofamiglia che, all’inizio della cena, spezzava il pane e rendeva grazie a Dio. Un gesto di comunione, di fraternità, di amicizia.
Gesù tuttavia, quella sera sente avvicinarsi la sua morte e allora vuole che i suoi comprendano ciò che sta per accadere: quel pane spezzato è il suo corpo, offerto per la nostra salvezza. Un corpo che sta per essere dilaniato, lacerato, colpito, denudato, inchiodato. Quel vino, nella coppa, è il suo sangue, che sta per essere versato. Sangue di una nuova alleanza che nessuna cattiveria potrà mai mettere in pericolo.
Non un gesto estemporaneo, retorico, ma il culmine naturale di una vita spezzata per gli altri, donata ai poveri, consacrata al regno di Dio. Continua a leggere

Domenica 23 Maggio 2021

Un mistero di vita

Andrej Rublëv, Trinità

Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli ( Matteo 28,19)

La Trinità, certo, è un mistero. Ma un mistero non è una porta chiusa, contro la quale si va a sbattere: né una zona di buio completo, in cui non si riesce ad intravedere proprio nulla. E nemmeno una realtà assurda, che appare possibile solo a coloro che si abbandonano ciecamente alla fede.
Un mistero è piuttosto come un iceberg: quello che emerge dall’acqua è solo una piccola parte, il resto non può essere visto a occhio nudo. Così è il mistero della Trinità: una realtà troppo bella, troppo grande, troppo profonda da poter essere compiutamente abbracciata dalla mente e dal cuore dell’uomo. Il che non vuol dire, tuttavia, che di questa realtà non si riesca a percepire nulla. Al contrario!
Gesù è venuto proprio a rivelare il Padre, a manifestare il suo amore e la sua misericordia.
Quante volte nella sua vita, davanti a parole e gesti che venivano rifiutati, talora con rabbia, Gesù ha rivendicato il modo di fare del Padre, ha presentato il progetto del Padre. L’unica preghiera che ha lasciato a noi, suoi discepoli, non è proprio una preghiera rivolta al Padre? E non è proprio lui, Gesù, che ci invita così a chiamare Dio non con un nome del tutto traducibile in ogni lingua? Ed è sempre Gesù che ci rivela lo Spirito, lui che lo dona alla Chiesa nascente come un soffio di vita, che la anima dall’interno e la sostiene nella sua missione. È Lui che ci fa riconoscere nello Spirito colui che ci guida alla verità tutta intera, colui che ci consola e difende, colui che ci sostiene nella prova. In lui, Gesù, noi non riconosciamo solo i tratti di un uomo buono, di un maestro eccezionale, di un profeta coraggioso: Gesù di Nazaret per
noi è il Figlio di Dio, Dio come il Padre.
Il mistero della Trinità, dunque non è affatto un mistero del tutto oscuro, altrimenti tutta la storia della salvezza sarebbe stata vana, inutile. Al contrario, Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, è venuto incontro agli uomini proprio per rivelare se stesso e per cercare di instaurare con loro una relazione duratura di amore, un’alleanza eterna.
Infine, questo mistero è un mistero da vivere. Fa parte della nostra esistenza di credenti. Perché la vita di Dio scorre nelle nostre vene. Perché noi siamo una immagine della bellezza di Dio.Perché noi entriamo in comunione con lui.
E Dio è Trinità. Non solitudine inaccessibile. Non giustizia terribile. Non perfezione sdegnosa della nostra fragilità. Ma relazione d’amore che si comunica, che si dona, che offre salvezza.

Domenica 23 Maggio 2021

Lo Spirito Santo, libero come il vento

 Francesco Allegrini metà sec. XVII, Pentecoste

Francesco Allegrini metà sec. XVII, Pentecoste

“Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” (Giovanni 16,13)

Come il vento che soffia e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va, lo Spirito Santo agisce con novità sorprendente in tutto il mondo. Egli è potenza di Dio che sa trarre il bene anche dal male” (Catechismo CEI, Sarete miei Testimoni)

Queste parole ci indicano una realtà che sta al cuore della festa di Pentecoste: lo Spirito è libero, non può essere imbrigliato, costretto entro i confini, le divisioni, le regole, le etichette che noi poniamo.
Agisce dovunque a modo suo, e spesso crea sorprese. Perché fa cose nuove, suscita atteggiamenti nuovi, desta nuove risorse.
La sua opera può risultare scomoda, perché impone di abbandonare logiche vecchie e logore e ad accogliere con gioia una novità che spesso disorienta, manda all’aria i nostri progetti, abbatte pregiudizi e dubbi inutili. Continua a leggere

Domenica 16 Maggio 2021

Inviati in missione

Giotto, Ascensione

“Imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Marco 16,18)

Forse alcuni discepoli si attendevano di poter protrarre oltre ogni limite quei 40 giorni…In quella stanza del Cenacolo, a cui li legava la memoria di quell’Ultima Cena, Gesù era apparso loro e avevano provato una grande gioia. Ora la comunione con lui era ristabilita. Ora che lo avevano incontrato i loro dubbi cominciavano un po’ alla volta a scomparire e a lasciare il posto alla fiducia e alla speranza. Che bello stare di nuovo con lui! Che bello ritrovare la comunione di un tempo, prima degli eventi drammatici della sua passione e morte! Ma Gesù non permette ai suoi di coltivare a lungo questa illusione. Gesù li invia in missione: chiede loro di mettersi per strada per raggiungere ogni uomo e ogni donna, di ogni razza e cultura e portar loro la buona novella.
Nessun gruppo molto caldo e molto chiuso… non è questa la Chiesa che Gesù desidera. Nessun nido accogliente che rappresenta una sorta di guscio sicuro.
Ai suoi Gesù chiede di affrontare il mare aperto, le tempeste della storia, di disperdersi dopo aver vissuto quegli straordinari 40 giorni. Perché? Perché hanno tra le mani un “Vangelo”. Si tratta proprio di una “buona notizia”. Nulla di già sentito, ma qualcosa di veramente nuovo, che può cambiare la vita, trasfigurare l’esistenza, aprire i cuori alla speranza e alla gioia. Inedito come l’amore di Dio, la sua misericordia, quello che egli ha fatto in Cristo Gesù.
Ma non si tratta di una missione impossibile per i discepoli di ogni tempo? Prima o poi soccomberanno…dove troveranno le energie e le risorse indispensabili per far fronte a un simile impegno? Si tratta di povera gente. E poi non hanno mezzi a disposizione. Proprio qui sta il significato dell’Ascensione. Ora il Risorto li accompagna, li accompagna tutti con la sua presenza. E a quelli che credono, egli offre dei segni inconfutabili, segni chiari della sua azione in mezzo a loro. Le forze del male non potranno nulla contro di loro. Anzi, quando ingaggeranno una lotta contro di esse, ne usciranno vittoriosi. Perché? Perché l’amore vince ogni male, ogni cattiveria, ogni astuzia. Proprio come è
accaduto a Gesù.
Riusciranno a parlare lingue nuove: la lingua della fraternità e della giustizia, la lingua della misericordia e del perdono, la lingua della consolazione e della solidarietà. Lingue che ogni creatura capisce, lingue veramente internazionali.
E poi? Saranno in grado di affrontare anche le situazioni più complicate e difficili con serenità e saggezza.
Non ci sarà veleno che potrà fermarli, perché portano sulle cose e sulle persone lo sguardo limpido di Dio, la sua compassione verso l’umanità. Così i loro gesti produrranno guarigione nei malati, che verranno trasfigurati nel corpo e nell’anima.
Se le cose stanno così, la missione non è destinata a fallire. In cammino, dunque!