3 Settembre 2023 – Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione

 


Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368


 

 

 

L’odierno brano evangelico (cfr Mt 16,21-27) è collegato a quello di domenica scorsa (cfr Mt 16,13-20). Dopo che Pietro, a nome anche degli altri discepoli, ha professato la fede in Gesù come Messia e Figlio di Dio, Gesù stesso incomincia a parlare loro della sua passione. Lungo il cammino verso Gerusalemme, spiega apertamente ai suoi amici ciò che lo attende alla fine nella città santa: preannuncia il suo mistero di morte e di risurrezione, di umiliazione e di gloria. Dice che dovrà «soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Mt 16,21). Ma le sue parole non sono comprese, perché i discepoli hanno una fede ancora immatura e troppo legata alla mentalità di questo mondo (cfr Rm 12,2). Loro pensano a una vittoria troppo terrena, e per questo non capiscono il linguaggio della croce.

Di fronte alla prospettiva che Gesù possa fallire e morire in croce, lo stesso Pietro si ribella e gli dice: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai!» (v. 22). Crede in Gesù – Pietro è così – ha fede, crede in Gesù, crede; lo vuole seguire, ma non accetta che la sua gloria passi attraverso la passione. Per Pietro e gli altri discepoli – ma anche per noi! – la croce è una cosa scomoda, la croce è uno “scandalo”, mentre Gesù considera “scandalo” il fuggire dalla croce, che vorrebbe dire sottrarsi alla volontà del Padre, alla missione che Lui gli ha affidato per la nostra salvezza. Per questo Gesù risponde a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (v. 23). Dieci minuti prima, Gesù ha lodato Pietro, gli ha promesso di essere la base della sua Chiesa, il fondamento; dieci minuti dopo gli dice “Satana”. Come mai si capisce questo? Succede a tutti noi! Nei momenti di devozione, di fervore, di buona volontà, di vicinanza al prossimo, guardiamo Gesù e andiamo avanti; ma nei momenti in cui viene incontro la croce, fuggiamo. Il diavolo, Satana – come dice Gesù a Pietro – ci tenta. È proprio del cattivo spirito, è proprio del diavolo allontanarci dalla croce, dalla croce di Gesù.

Rivolgendosi poi a tutti, Gesù aggiunge: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (v. 24). In questo modo Egli indica la via del vero discepolo, mostrando due atteggiamenti. Il primo è «rinunciare a sé stessi», che non significa un cambiamento superficiale, ma una conversione, un capovolgimento di mentalità e di valori. L’altro atteggiamento è quello di prendere la propria croce. Non si tratta solo di sopportare con pazienza le tribolazioni quotidiane, ma di portare con fede e responsabilità quella parte di fatica, quella parte di sofferenza che la lotta contro il male comporta. La vita dei cristiani è sempre una lotta. La Bibbia dice che la vita del credente è una milizia: lottare contro il cattivo spirito, lottare contro il Male.

Così l’impegno di “prendere la croce” diventa partecipazione con Cristo alla salvezza del mondo. Pensando a questo, facciamo in modo che la croce appesa alla parete di casa, o quella piccola che portiamo al collo, sia segno del nostro desiderio di unirci a Cristo nel servire con amore i fratelli, specialmente i più piccoli e fragili. La croce è segno santo dell’Amore di Dio, è segno del Sacrificio di Gesù, e non va ridotta a oggetto scaramantico oppure a monile ornamentale. Ogni volta che fissiamo lo sguardo sull’immagine di Cristo crocifisso, pensiamo che Lui, come vero Servo del Signore, ha realizzato la sua missione dando la vita, versando il suo sangue per la remissione dei peccati. E non lasciamoci portare dall’altra parte, nella tentazione del Maligno. Di conseguenza, se vogliamo essere suoi discepoli, siamo chiamati a imitarlo, spendendo senza riserve la nostra vita per amore di Dio e del prossimo.

La Vergine Maria, unita al suo Figlio fino al calvario, ci aiuti a non indietreggiare di fronte alle prove e alle sofferenze che la testimonianza del Vangelo comporta per tutti noi.

Papa Francesco, Angelus del 30 agosto 2020

27 Agosto 2023 – A te darò le chiavi del regno dei cieli


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368


 

 

 

Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 16,13-20) presenta il momento nel quale Pietro professa la sua fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio. Questa confessione dell’Apostolo è provocata da Gesù stesso, che vuole condurre i suoi discepoli a fare il passo decisivo nella loro relazione con Lui. Infatti, tutto il cammino di Gesù con quelli che lo seguono, specialmente con i Dodici, è un cammino di educazione della loro fede. Prima di tutto Egli chiede: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (v. 13). Agli apostoli piaceva parlare della gente, come a tutti noi. Il pettegolezzo piace. Parlare degli altri non è tanto impegnativo, per questo, perché ci piace; anche “spellare” gli altri. In questo caso è già richiesta la prospettiva della fede e non il pettegolezzo, cioè chiede: “Che cosa dice la gente che io sia?”. E i discepoli sembrano fare a gara nel riferire le diverse opinioni, che forse in larga parte essi stessi condividevano. Loro stessi condividevano. In sostanza, Gesù di Nazaret era considerato un profeta (v. 14).

Con la seconda domanda, Gesù li tocca sul vivo: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 15). A questo punto, ci sembra di percepire qualche istante di silenzio, perché ciascuno dei presenti è chiamato a mettersi in gioco, manifestando il motivo per cui segue Gesù; per questo è più che legittima una certa esitazione. Anche se io adesso domandassi a voi: “Per te, chi è Gesù?”, ci sarà un po’ di esitazione. Li toglie d’imbarazzo Simone, che con slancio dichiara: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (v. 16). Questa risposta, così piena e luminosa, non gli viene dal suo impulso, per quanto generoso – Pietro era generoso –, ma è frutto di una grazia particolare del Padre celeste. Gesù stesso infatti gli dice: «Né carne né sangue te lo hanno rivelato – cioè la cultura, quello che hai studiato – no, questo non te l’ha rivelato. Te lo ha rivelato il Padre mio che è nei cieli» (v. 17). Confessare Gesù è una grazia del Padre. Dire che Gesù è il Figlio di Dio vivo, che è il Redentore, è una grazia che noi dobbiamo chiedere: “Padre, dammi la grazia di confessare Gesù”. Nello stesso tempo, il Signore riconosce la pronta corrispondenza di Simone all’ispirazione della grazia e quindi aggiunge, in tono solenne: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (v. 18). Con questa affermazione, Gesù fa capire a Simone il senso del nuovo nome che gli ha dato, “Pietro”: la fede che ha appena manifestato è la “pietra” incrollabile sulla quale il Figlio di Dio vuole costruire la sua Chiesa, cioè la Comunità. E la Chiesa va avanti sempre sulla fede di Pietro, su quella fede che Gesù riconosce [in Pietro] e lo fa capo della Chiesa.

Oggi, sentiamo rivolta a ciascuno di noi la domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?”. A ognuno di noi. E ognuno di noi deve dare una risposta non teorica, ma che coinvolge la fede, cioè la vita, perché la fede è vita! “Per me tu sei …”, e dire la confessione di Gesù. Una risposta che richiede anche a noi, come ai primi discepoli, l’ascolto interiore della voce del Padre e la consonanza con quello che la Chiesa, raccolta attorno a Pietro, continua a proclamare. Si tratta di capire chi è per noi Cristo: se Lui è il centro della nostra vita, se Lui è il fine di ogni nostro impegno nella Chiesa, del nostro impegno nella società. Chi è Gesù Cristo per me? Chi è Gesù Cristo per te, per te, per te… Una risposta che noi dovremmo dare ogni giorno.

Ma state attenti: è indispensabile e lodevole che la pastorale delle nostre comunità sia aperta alle tante povertà ed emergenze che sono dappertutto. La carità sempre è la via maestra del cammino di fede, della perfezione della fede. Ma è necessario che le opere di solidarietà, le opere di carità che noi facciamo, non distolgano dal contatto con il Signore Gesù. La carità cristiana non è semplice filantropia ma, da una parte, è guardare l’altro con gli occhi stessi di Gesù e, dall’altra parte, è vedere Gesù nel volto del povero. Questa è la strada vera della carità cristiana, con Gesù al centro, sempre. Maria Santissima, beata perché ha creduto, ci sia guida e modello nel cammino della fede in Cristo, e ci renda consapevoli che la fiducia in Lui dà senso pieno alla nostra carità e a tutta la nostra esistenza.

(Papa Francesco, Angelus 23 agosto 2020)

20 Agosto 2023 – Donna, grande è la tua fede!


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

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Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 15,21-28) descrive l’incontro tra Gesù e una donna cananea. Gesù si trova a nord della Galilea, in territorio straniero per stare con i suoi discepoli un po’ lontano dalle folle, che lo cercano sempre più numerose. Ed ecco avvicinarsi una donna che implora aiuto per la figlia malata: «Pietà di me, Signore!» (v. 22). È il grido che nasce da una vita segnata dalla sofferenza, dal senso di impotenza di una mamma che vede la figlia tormentata dal male e non può guarirla. Gesù inizialmente la ignora, ma questa madre insiste, insiste, anche quando il Maestro dice ai discepoli che la sua missione è rivolta soltanto alle «pecore perdute della casa d’Israele» (v. 24) e non ai pagani. Lei continua a supplicarlo, e Lui, a questo punto, la mette alla prova citando un proverbio – sembra quasi un po’ crudele questo -: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (v. 26). E la donna subito, svelta, angosciata risponde: «È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (v. 27).

Con queste parole questa madre dimostra di aver intuito che la bontà del Dio Altissimo, presente in Gesù, è aperta ad ogni necessità delle sue creature. Questa saggezza piena di fiducia colpisce il cuore di Gesù e gli strappa parole di ammirazione: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (v. 28). Quale è la fede grande? La fede grande è quella che porta la propria storia, segnata anche dalle ferite, ai piedi del Signore domandando a Lui di guarirla, di darle un senso. Ognuno di noi ha la propria storia e non sempre è una storia pulita; tante volte è una storia difficile, con tanti dolori, tanti guai e tanti peccati. Cosa faccio, io, con la mia storia? La nascondo? No! Dobbiamo portarla davanti al Signore: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. Questo è quello che ci insegna questa donna, questa brava madre: il coraggio di portare la propria storia di dolore davanti a Dio, davanti a Gesù; toccare la tenerezza di Dio, la tenerezza di Gesù. Facciamo, noi, la prova di questa storia, di questa preghiera: ognuno pensi alla propria storia. Sempre ci sono delle cose brutte in una storia, sempre. Andiamo da Gesù, bussiamo al cuore di Gesù e diciamoGli: “Signore, se Tu voi, puoi guarirmi!”. E noi potremo fare questo se abbiamo sempre davanti a noi il volto di Gesù, se noi capiamo come è il cuore di Cristo: un cuore che ha compassione, che porta su di sé i nostri dolori, che porta su di sé i nostri peccati, i nostri sbagli, i nostri fallimenti.

Ma è un cuore che ci ama così, come siamo, senza trucco. “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. E per questo è necessario capire Gesù, avere familiarità con Gesù. E torno sempre al consiglio che vi do: portate sempre un piccolo Vangelo tascabile e leggete ogni giorno un passo. Portate il Vangelo: nella borsa, nella tasca e anche nel telefonino, per vedere Gesù. E lì troverete Gesù come Lui è, come si presenta; troverete Gesù che ci ama, che ci ama tanto, che ci vuole tanto bene. Ricordiamo la preghiera: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. Bella preghiera. Il Signore ci aiuti, tutti noi, a pregare queste bella preghiera che ci insegna una donna pagana: non cristiana, non ebrea, ma pagana.

La Vergine Maria interceda con la sua preghiera, perché cresca in ogni battezzato la gioia della fede e il desiderio di comunicarla con la testimonianza di una vita coerente, che ci dia il coraggio di avvicinarci a Gesù e dirGli: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”.

(Papa Francesco, Angelus 16 agosto 2020)

13 Agosto 2023 – Comandami di venire verso di te sulle acque


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

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Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 14,22-33) narra di Gesù che cammina sulle acque del lago in tempesta. Dopo aver sfamato le folle con cinque pani e due pesci, Gesù ordina ai discepoli di salire sulla barca e ritornare all’altra riva. Lui congeda la gente e poi sale sulla collina, da solo, a pregare. Si immerge nella comunione con il Padre.
Durante la traversata notturna del lago, la barca dei discepoli rimane bloccata da un’improvvisa tempesta di vento. Questo è abituale, sul lago. A un certo punto, essi vedono qualcuno che cammina sulle acque venendo verso di loro. Sconvolti pensano sia un fantasma e gridano per la paura. Gesù li rassicura: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora – Pietro, che era così deciso – risponde: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Una sfida. E Gesù gli dice: «Vieni!». Pietro scende dalla barca e fa alcuni passi; poi il vento e le onde lo spaventano e comincia ad affondare. «Signore, salvami!», grida, e Gesù lo afferra per la mano e gli dice: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Questo racconto è un invito ad abbandonarci con fiducia a Dio in ogni momento della nostra vita, specialmente nel momento della prova e del turbamento. Quando sentiamo forte il dubbio e la paura ci sembra di affondare, nei momenti difficili della vita, dove tutto diventa buio, non dobbiamo vergognarci di gridare, come Pietro: «Signore, salvami!» (v. 30). Bussare al cuore di Dio, al cuore di Gesù: «Signore, salvami!». È una bella preghiera. Possiamo ripeterla tante volte: «Signore, salvami!». E il gesto di Gesù, che subito tende la sua mano e afferra quella del suo amico, va contemplato a lungo: Gesù è questo, Gesù fa questo, Gesù è la mano del Padre che mai ci abbandona; la mano forte e fedele del Padre, che vuole sempre e solo il nostro bene. Dio non è il grande rumore, Dio non è l’uragano, non è l’incendio, non è il terremoto – come ricorda oggi anche il racconto sul profeta Elia –; Dio è la brezza leggera – letteralmente dice così: è quel “filo di silenzio sonoro” – che non si impone ma chiede di ascoltare (cfr 1 Re 19,11-13). Avere fede vuol dire, in mezzo alla tempesta, tenere il cuore rivolto a Dio, al suo amore, alla sua tenerezza di Padre. Gesù, questo voleva insegnare a Pietro e ai discepoli, e anche a noi oggi. Nei momenti bui, nei momenti di tristezza, Lui sa bene che la nostra fede è povera – tutti noi siamo gente di poca fede, tutti noi, anch’io, tutti – e che il nostro cammino può essere travagliato, bloccato da forze avverse. Ma Lui è il Risorto! Non dimentichiamo questo: Lui è il Signore che ha attraversato la morte per portarci in salvo. Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo, Lui è presente accanto a noi. E rialzandoci dalle nostre cadute, ci fa crescere nella fede. Forse noi, nel buio, gridiamo: “Signore! Signore!”, pensando che sia lontano. E Lui dice: “Sono qui!”. Ah, era con me! Così è il Signore.

La barca in balia della tempesta è immagine della Chiesa, che in ogni epoca incontra venti contrari, a volte prove molto dure: pensiamo a certe lunghe e accanite persecuzioni del secolo scorso, e anche oggi, in alcune parti. In quei frangenti, può avere la tentazione di pensare che Dio l’abbia abbandonata. Ma in realtà è proprio in quei momenti che risplende maggiormente la testimonianza della fede, la testimonianza dell’amore, la testimonianza della speranza. È la presenza di Cristo risorto nella sua Chiesa che dona la grazia della testimonianza fino al martirio, da cui germogliano nuovi cristiani e frutti di riconciliazione e di pace per il mondo intero.

L’intercessione di Maria ci aiuti a perseverare nella fede e nell’amore fraterno, quando il buio e le tempeste della vita mettono in crisi la nostra fiducia in Dio.

(Papa Francesco, Angelus 9 agosto 2020)

6 Agosto 2023 – Il suo volto brillò come il sole


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L. e F. Memmi – Trasfigurazione

 

Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 17,1-9) ci presenta il racconto della Trasfigurazione di Gesù. Egli prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e sale su un monte alto, simbolo della vicinanza con Dio, per aprirli ad una comprensione più piena del mistero della sua persona, che dovrà soffrire, morire e poi risorgere. Infatti, Gesù aveva iniziato a parlare loro delle sofferenze, della morte e della risurrezione che lo attendevano, ma essi non potevano accettare quella prospettiva. Per questo, giunti in cima al monte, Gesù si immerge in preghiera e si trasfigura davanti ai tre discepoli: «il suo volto – dice il Vangelo – brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (v. 2).
Attraverso l’evento meraviglioso della Trasfigurazione, i tre discepoli sono chiamati a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio splendente di gloria. Essi avanzano così nella conoscenza del loro Maestro, rendendosi conto che l’aspetto umano non esprime tutta la sua realtà; ai loro occhi è rivelata la dimensione ultraterrena e divina di Gesù. E dall’alto risuona una voce che dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato […]. Ascoltatelo» (v. 5). È il Padre celeste che conferma l’“investitura” – chiamiamola così – di Gesù già fatta nel giorno del battesimo al Giordano e invita i discepoli ad ascoltarlo e seguirlo.
Va sottolineato che, in mezzo al gruppo dei Dodici, Gesù sceglie di portare con sé sul monte Pietro, Giacomo e Giovanni. Riserva a loro il privilegio di assistere alla trasfigurazione. Ma perché fa questa elezione di questi tre? Perché sono i più santi? No. Eppure Pietro, nell’ora della prova, lo rinnegherà; e i due fratelli Giacomo e Giovanni chiederanno di avere i primi posti nel suo regno (cfr Mt 20,20-23). Gesù però non sceglie secondo i nostri criteri, ma secondo il suo disegno di amore. L’amore di Gesù non ha misura: è amore, e Lui sceglie con quel disegno di amore. Si tratta di una scelta gratuita, incondizionata, un’iniziativa libera, un’amicizia divina che non chiede nulla in cambio. E come chiamò quei tre discepoli, così anche oggi chiama alcuni a stargli vicino, per poter testimoniare. Essere testimoni di Gesù è un dono che non abbiamo meritato: ci sentiamo inadeguati, ma non possiamo tirarci indietro con la scusa della nostra incapacità.
Noi non siamo stati sul monte Tabor, non abbiamo visto con i nostri occhi il volto di Gesù brillare come il sole. Tuttavia, a noi pure è stata consegnata la Parola di salvezza, è stata donata la fede e abbiamo sperimentato, in forme diverse, la gioia dell’incontro con Gesù. Anche a noi Gesù dice: «Alzatevi e non temete» (Mt 17,7). In questo mondo, segnato dall’egoismo e dall’avidità, la luce di Dio è offuscata dalle preoccupazioni del quotidiano. Diciamo spesso: non ho tempo per pregare, non sono capace di svolgere un servizio in parrocchia, di rispondere alle richieste degli altri… Ma non dobbiamo dimenticare che il Battesimo che abbiamo ricevuto ci ha fatto testimoni, non per nostra capacità, ma per il dono dello Spirito.
(Papa Francesco, Angelus 8 marzo 2020)

30 Luglio 2023 – Un tesoro che rinnova la vita


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Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 13,44-52) corrisponde agli ultimi versetti del capitolo che Matteo dedica alle parabole del Regno dei cieli. Il brano comprende tre parabole appena abbozzate e brevissime: quella del tesoro nascosto, quella della perla preziosa e quella della rete gettata in mare.

Mi soffermo sulle prime due nelle quali il Regno dei cieli viene assimilato a due diverse realtà «preziose», ossia il tesoro nascosto nel campo e la perla di grande valore. La reazione di colui che trova la perla o il tesoro è praticamente uguale: l’uomo e il mercante vendono tutto per acquistare ciò che ormai sta loro più a cuore. Con queste due similitudini, Gesù si propone di coinvolgerci nella costruzione del Regno dei cieli, presentando una caratteristica essenziale della vita cristiana, della vita del Regno dei cieli: aderiscono pienamente al Regno coloro che sono disposti a giocarsi tutto, che sono coraggiosi. Infatti, sia l’uomo sia il mercante delle due parabole vendono tutto quello che hanno, abbandonando così le loro sicurezze materiali. Da ciò si capisce che la costruzione del Regno esige non solo la grazia di Dio, ma anche la disponibilità attiva dell’uomo. Tutto fa la grazia, tutto! Da parte nostra soltanto la disponibilità a riceverla, non la resistenza alla grazia: la grazia fa tutto ma ci vuole la “mia” responsabilità, la “mia” disponibilità.

I gesti di quell’uomo e del mercante che vanno in cerca, privandosi dei propri beni, per comprare realtà più preziose, sono gesti decisi, sono gesti radicali, direi soltanto di andata, non di andata e ritorno: sono gesti di andata. E, per di più, compiuti con gioia perché entrambi hanno trovato il tesoro. Siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di questi due personaggi evangelici, diventando anche noi cercatori sanamente inquieti del Regno dei cieli. Si tratta di abbandonare il fardello pesante delle nostre sicurezze mondane che ci impediscono la ricerca e la costruzione del Regno: la bramosia di possedere, la sete di guadagno e di potere, il pensare solo a noi stessi.

Ai nostri giorni, tutti lo sappiamo, la vita di alcuni può risultare mediocre e spenta perché probabilmente non sono andati alla ricerca di un vero tesoro: si sono accontentati di cose attraenti ma effimere, di bagliori luccicanti ma illusori perché lasciano poi al buio. Invece la luce del Regno non è un fuoco di artificio, è luce: il fuoco di artificio dura soltanto un istante, la luce del Regno ci accompagna per tutta la vita.

Il Regno dei cieli è il contrario delle cose superflue che offre il mondo, è il contrario di una vita banale: esso è un tesoro che rinnova la vita tutti i giorni e la dilata verso orizzonti più vasti. Infatti, chi ha trovato questo tesoro ha un cuore creativo e cercatore, che non ripete ma inventa, tracciando e percorrendo strade nuove, che ci portano ad amare Dio, ad amare gli altri, ad amare veramente noi stessi. Il segno di coloro che camminano su questa strada del Regno è la creatività, sempre cercando di più. E la creatività è quella che prende la vita e dà la vita, e dà, e dà, e dà… Sempre cerca tanti modi diversi di dare la vita.

Gesù, lui che è il tesoro nascosto e la perla di grande valore, non può che suscitare la gioia, tutta la gioia del mondo: la gioia di scoprire un senso per la propria vita, la gioia di sentirla impegnata nell’avventura della santità.

La Vergine Santa ci aiuti a ricercare ogni giorno il tesoro del Regno dei cieli, affinché nelle nostre parole e nei nostri gesti si manifesti l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù.

(Papa Francesco, Angelus 26 luglio 2020)

26 Luglio 2023 – Festa della nostra patrona S. Anna


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Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

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Celebrazioni per la festa della nostra Patrona S. Anna

 

 

Martedì 25 luglio

  • Presso l’auditorium del centro parrocchiale, i preti saranno a disposizione per le confessioni dalle ore 16 alle ore 19.
    La messa delle 18.30 non sarà celebrata.
  • Alle ore 21 S. Messa solenne della festa di S. Anna
  • Al termine un momento conviviale, condividendo dolci e bibite

Mercoledì 26 luglio

  • Ore 9 preghiera comunitaria delle Lodi
  • Al termine, esposizione dell’Eucaristia per l’adorazione personale fino alle ore 12.
    In questo tempo i preti saranno a disposizione per la Confessione
  • Ore 18.30 S. Messa solenne

Al termine delle due S.S. Messe verrà fatto il rito della benedizione dei nonni e delle mamme in attesa.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DELLA III GIORNATA MONDIALE DEI NONNI E DEGLI ANZIANI
23 luglio 2023

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50)

Cari fratelli e sorelle!

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50): è questo il tema della III Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. È un tema che ci riporta a un incontro benedetto: quello tra la giovane Maria e la sua anziana parente Elisabetta (cfr Lc 1,39-56). Questa, ricolma di Spirito Santo, rivolge alla Madre di Dio delle parole che, a distanza di millenni, ritmano la nostra preghiera quotidiana: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (v. 42). E lo Spirito Santo, già disceso su Maria, le suggerisce di rispondere con il Magnificat, nel quale proclama che la misericordia del Signore si estende di generazione in generazione. Lo Spirito Santo benedice e accompagna ogni fecondo incontro tra generazioni diverse, tra nonni e nipoti, tra giovani e anziani. Dio, infatti, desidera che, come ha fatto Maria con Elisabetta, i giovani rallegrino i cuori degli anziani, e che attingano sapienza dai loro vissuti. Ma, anzitutto, il Signore desidera che non lasciamo soli gli anziani, che non li releghiamo ai margini della vita, come purtroppo oggi troppo spesso accade.

È bella, quest’anno, la vicinanza tra la celebrazione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani e quella della Gioventù; entrambe hanno come tema la “fretta” di Maria (cfr v. 39) nel visitare Elisabetta, e ci portano così a riflettere sul legame tra giovani e anziani. Il Signore spera che i giovani, incontrandoli, accolgano la chiamata a custodire la memoria e riconoscano, grazie a loro, il dono di appartenere a una storia più grande. L’amicizia di una persona anziana aiuta il giovane a non appiattire la vita sul presente e a ricordarsi che non tutto dipende dalle sue capacità. Per i più anziani, invece, la presenza di un giovane apre alla speranza che quanto hanno vissuto non vada perduto e che i loro sogni si realizzino. Insomma, la visita di Maria ad Elisabetta e la consapevolezza che la misericordia del Signore si trasmette da una generazione all’altra rivelano che non possiamo andare avanti – e neppure salvarci – da soli e che l’intervento di Dio si manifesta sempre nell’insieme, nella storia di un popolo. È Maria stessa a dirlo nel Magnificat, esultando in Dio che ha operato meraviglie nuove e sorprendenti, fedele alla promessa fatta ad Abramo (cfr vv. 51-55).

Per meglio accogliere lo stile dell’agire di Dio, ricordiamo che il tempo va abitato nella sua pienezza, perché le realtà più grandi e i sogni più belli non si realizzano in un attimo, ma attraverso una crescita e una maturazione: in cammino, in dialogo, in relazione. Perciò chi si concentra solo sull’immediato, sui propri vantaggi da conseguire rapidamente e avidamente, sul “tutto e subito”, perde di vista l’agire di Dio. Il suo progetto di amore attraversa invece il passato, il presente e il futuro, abbraccia e mette in collegamento le generazioni. È un progetto che va oltre noi stessi, ma nel quale ciascuno di noi è importante, e soprattutto è chiamato ad andare oltre. Per i più giovani si tratta di andare al di là dell’immediato nel quale ci confina la realtà virtuale, la quale spesso distoglie dall’azione concreta; per i più anziani si tratta di non soffermarsi sulle forze che s’indeboliscono e di non rammaricarsi per le occasioni perse. Guardiamo avanti! Lasciamoci plasmare dalla grazia di Dio che, di generazione in generazione, ci libera dall’immobilismo nell’agire e dai rimpianti del passato!

Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra giovani e anziani, Dio ci dona il suo futuro. Il cammino di Maria e l’accoglienza di Elisabetta aprono infatti le porte al manifestarsi della salvezza: attraverso il loro abbraccio la sua misericordia irrompe con gioiosa mitezza nella storia umana. Vorrei allora invitare ciascuno a pensare a quell’incontro, di più, a chiudere gli occhi e a immaginare, come in un’istantanea, quell’abbraccio tra la giovane Madre di Dio e l’anziana madre di San Giovanni Battista; a rappresentarlo nella mente e a visualizzarlo nel cuore, per fissarlo nell’anima come una luminosa icona interiore.

E invito poi a passare dall’immaginazione alla concretezza nel fare qualcosa per abbracciare i nonni e gli anziani. Non lasciamoli soli, la loro presenza nelle famiglie e nelle comunità è preziosa, ci dona la consapevolezza di condividere la medesima eredità e di far parte di un popolo in cui si custodiscono le radici. Sì, sono gli anziani a trasmetterci l’appartenenza al Popolo santo di Dio. La Chiesa, così come la società, ha bisogno di loro. Essi consegnano al presente un passato necessario per costruire il futuro. Onoriamoli, non priviamoci della loro compagnia e non priviamoli della nostra, non permettiamo che siano scartati!

La Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani vuol essere un piccolo segno delicato di speranza per loro e per la Chiesa intera. Rinnovo perciò il mio invito a tutti – diocesi, parrocchie, associazioni, comunità – a celebrarla, mettendo al centro la gioia traboccante di un rinnovato incontro tra giovani e anziani. A voi giovani, che vi state preparando a partire per Lisbona o che vivrete la Giornata Mondiale della Gioventù nei vostri luoghi, vorrei dire: prima di mettervi in viaggio andate a trovare i vostri nonni, fate una visita a un anziano solo! La sua preghiera vi proteggerà e porterete nel cuore la benedizione di quell’incontro. A voi anziani chiedo di accompagnare con la preghiera i giovani che stanno per celebrare la GMG. Quei ragazzi sono la risposta di Dio alle vostre richieste, il frutto di quel che avete seminato, il segno che Dio non abbandona il suo popolo, ma sempre lo ringiovanisce con la fantasia dello Spirito Santo.

Cari nonni, cari fratelli e sorelle anziani, che la benedizione dell’abbraccio tra Maria ed Elisabetta vi raggiunga e colmi di pace i vostri cuori. Vi benedico con affetto. E voi, per favore, pregate per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2023, Festa della Visitazione della B.V. Maria.
 

FRANCESCO

16 Luglio 2023 – Il seminatore uscì a seminare…


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368

 


 

Nel Vangelo di questa domenica (cfr Mt 13,1-23) Gesù racconta a una grande folla la parabola – che tutti conosciamo bene – del seminatore, che getta la semente su quattro tipi diversi di terreno. La Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso, il Verbo del Padre che si è incarnato nel grembo di Maria. Pertanto, accogliere la Parola di Dio vuol dire accogliere la persona di Cristo, lo stesso Cristo.

Ci sono diversi modi di ricevere la Parola di Dio. Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. Assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio. Stiamo vedendo tutto, distratti da tutto, dalle cose mondane.

Un’altra possibilità: possiamo accogliere la Parola di Dio come un terreno sassoso, con poca terra. Lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre.

Possiamo, ancora – una terza possibilità di cui Gesù parla nella parabola – accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi. E le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.

Infine – la quarta possibilità – possiamo accoglierla come il terreno buono. Qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.

Questa del seminatore è un po’ la “madre” di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola. Ci ricorda che essa è un seme fecondo ed efficace; e Dio lo sparge dappertutto con generosità, senza badare a sprechi. Così è il cuore di Dio! Ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno è escluso. La Parola è data a ognuno di noi. Possiamo chiederci: io, che tipo di terreno sono? Assomiglio alla strada, alla terra sassosa, al roveto? Se vogliamo, con la grazia di Dio possiamo diventare terreno buono, dissodato e coltivato con cura, per far maturare il seme della Parola. Esso è già presente nel nostro cuore, ma il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi. Per questo è importante abituarsi ad ascoltare la Parola di Dio, a leggerla. E torno, una volta in più, su quel consiglio: portate sempre con voi un piccolo Vangelo, un’edizione tascabile del Vangelo, in tasca, in borsa… E così, leggete ogni giorno un pezzetto, perché siate abituati a leggere la Parola di Dio, e capire bene qual è il seme che Dio ti offre, e pensare con quale terra io lo ricevo.

La Vergine Maria, modello perfetto di terra buona e fertile, ci aiuti, con la sua preghiera, a diventare terreno disponibile senza spine né sassi, affinché possiamo portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli.

Papa Francesco, Angelus di domenica 12 luglio 2020

9 Luglio 2023 – Io vi darò ristoro


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19

Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368

 


 

Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 11,25-30) è articolato in tre parti: anzitutto Gesù innalza un inno di benedizione e di ringraziamento al Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici il mistero del Regno dei cieli; poi svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre; e infine invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo.

In primo luogo, Gesù loda il Padre, perché ha tenuto nascosti i segreti del suo Regno, della sua verità, «ai sapienti e ai dotti» (v. 25). Li chiama così con un velo di ironia, perché presumono di essere saggi, sapienti, e dunque hanno il cuore chiuso, tante volte. La vera saggezza viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza entra anche nel cuore. E se tu sai tante cose ma hai il cuore chiuso, tu non sei saggio. I misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai «piccoli», a quanti si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, aprono il cuore alla Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui. Il cuore aperto e fiducioso verso il Signore.

Poi, Gesù spiega che ha ricevuto tutto dal Padre, e lo chiama «Padre mio», per affermare l’unicità del suo rapporto con Lui. Infatti, solo tra il Figlio e il Padre c’è totale reciprocità: l’uno conosce l’altro, l’uno vive nell’altro. Ma questa comunione unica è come un fiore che sboccia, per rivelare gratuitamente la sua bellezza e la sua bontà. Ed ecco allora l’invito di Gesù: «Venite a me…» (v. 28). Egli vuole donare quanto attinge dal Padre. Vuole donarci la verità, e la verità di Gesù è sempre gratuita: è un dono, è lo Spirito Santo, la Verità.

Come il Padre ha una preferenza per i «piccoli», così anche Gesù si rivolge agli «affaticati e oppressi». Anzi, mette sé stesso tra loro, perché Egli è il «mite e umile di cuore» (v. 29), così dice di essere. Come nella prima e nella terza beatitudine, quella degli umili o poveri in spirito; e quella dei miti (cfr Mt 5,3.5): la mitezza di Gesù. Così Gesù, «mite e umile», non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive «di cuore» questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre, cioè allo Spirito Santo. Egli è il modello dei «poveri in spirito» e di tutti gli altri “beati” del Vangelo, che compiono la volontà di Dio e testimoniano il suo Regno.

E poi, Gesù dice che se andiamo da Lui troveremo ristoro: il «ristoro» che Cristo offre agli affaticati e oppressi non è un sollievo soltanto psicologico o un’elemosina elargita, ma la gioia dei poveri di essere evangelizzati e costruttori della nuova umanità. Questo è il sollievo: la gioia, la gioia che ci dà Gesù. È unica, è la gioia che ha Lui stesso. È un messaggio per tutti noi, per tutti gli uomini di buona volontà, che Gesù rivolge ancora oggi nel mondo, che esalta chi si fa ricco e potente. Quante volte noi diciamo: “Ah, vorrei essere come quello, come quella, che è ricco, ha tanto potere, non gli manca nulla!”. Il mondo esalta il ricco e potente, non importa con quali mezzi, e a volte calpesta la persona umana e la sua dignità. E questo noi lo vediamo tutti i giorni, i poveri calpestati. Ed è un messaggio per la Chiesa, chiamata a vivere le opere di misericordia e a evangelizzare i poveri, ad essere mite, umile. Così il Signore vuole che sia la sua Chiesa, cioè noi.

Maria, la più umile e la più alta tra le creature, implori da Dio per noi la sapienza del cuore, affinché sappiamo discernere i suoi segni nella nostra vita ed essere partecipi di quei misteri che, nascosti ai superbi, vengono rivelati agli umili.

Papa Francesco, Angelus di domenica 5 luglio 2020

2 Luglio 2023 – Non cercare scorciatoie

 

In questa domenica, il Vangelo (cfr Mt 10,37-42) fa risuonare con forza l’invito a vivere in pienezza e senza tentennamenti la nostra adesione al Signore. Gesù chiede ai suoi discepoli di prendere sul serio le esigenze evangeliche, anche quando ciò richiede sacrificio e fatica.

La prima richiesta esigente che Egli rivolge a chi lo segue è quella di porre l’amore verso di Lui al di sopra degli affetti familiari. Dice: «Chi ama padre o madre, […] figlio o figlia più di me non è degno di me» (v. 37). Gesù non intende di certo sottovalutare l’amore per i genitori e i figli, ma sa che i legami di parentela, se sono messi al primo posto, possono deviare dal vero bene. Lo vediamo: alcune corruzioni nei governi, vengono proprio perché l’amore alla parentela è più grande dell’amore alla patria, e mettono in carica i parenti. Lo stesso con Gesù: quando l’amore [per i familiari] è più grande di [quello per] Lui non va bene. Tutti potremmo portare tanti esempi al riguardo. Senza parlare di quelle situazioni in cui gli affetti familiari si mischiano con scelte contrapposte al Vangelo. Quando invece l’amore verso i genitori e i figli è animato e purificato dall’amore del Signore, allora diventa pienamente fecondo e produce frutti di bene nella famiglia stessa e molto al di là di essa. In questo senso Gesù dice questa frase. Ricordiamo anche come Gesù rimprovera i dottori della legge che fanno mancare il necessario ai genitori con la pretesa di darlo all’altare, di darlo alla Chiesa (cfr Mc 7,8-13). Li rimprovera! Il vero amore a Gesù richiede un vero amore ai genitori, ai figli, ma se cerchiamo prima l’interesse familiare, questo porta sempre su una strada sbagliata.

Poi, Gesù dice ai suoi discepoli: «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (v. 38). Si tratta di seguirlo sulla via che Egli stesso ha percorso, senza cercare scorciatoie. Non c’è vero amore senza croce, cioè senza un prezzo da pagare di persona. E lo dicono tante mamme, tanti papà che si sacrificano tanto per i figli e sopportano dei veri sacrifici, delle croci, perché amano. E portata con Gesù, la croce non fa paura, perché Lui è sempre al nostro fianco per sorreggerci nell’ora della prova più dura, per darci forza e coraggio. Neanche serve agitarsi per preservare la propria vita, con un atteggiamento timoroso ed egoistico. Gesù ammonisce: «Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia – cioè per amore, per amore a Gesù, per amore al prossimo, per il servizio degli altri –, la troverà» (v. 39). È il paradosso del Vangelo. Ma anche di questo abbiamo, grazie a Dio, tantissimi esempi! Lo vediamo in questi giorni. Quanta gente, quanta gente, sta portando croci per aiutare gli altri! Si sacrifica per aiutare gli altri che hanno bisogno in questa pandemia. Ma, sempre con Gesù, si può fare. La pienezza della vita e della gioia si trova donando sé stessi per il Vangelo e per i fratelli, con apertura, accoglienza e benevolenza.

Così facendo, possiamo sperimentare la generosità e la gratitudine di Dio. Ce lo ricorda Gesù: «Chi accoglie voi accoglie me […]. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli […] non perderà la ricompensa» (vv. 40; 42). La gratitudine generosa di Dio Padre tiene conto anche del più piccolo gesto di amore e di servizio reso ai fratelli. In questi giorni, ho sentito un prete che era commosso perché in parrocchia gli si è avvicinato un bambino e gli ha detto: “Padre, questi sono i miei risparmi, poca cosa, è per i suoi poveri, per coloro che oggi hanno bisogno per la pandemia”. Piccola cosa, ma grande cosa! È una riconoscenza contagiosa, che aiuta ciascuno di noi ad avere gratitudine verso quanti si prendono cura delle nostre necessità. Quando qualcuno ci offre un servizio, non dobbiamo pensare che tutto ci sia dovuto. No, tanti servizi si fanno per gratuità. Pensate al volontariato, che è una delle cose più grandi che ha la società italiana. I volontari… E quanti di loro hanno lasciato la vita in questa pandemia! Si fa per amore, semplicemente per servizio. La gratitudine, la riconoscenza, è prima di tutto segno di buona educazione, ma è anche un distintivo del cristiano. È un segno semplice ma genuino del regno di Dio, che è regno di amore gratuito e riconoscente.

Maria Santissima, che ha amato Gesù più della sua stessa vita e lo ha seguito fino alla croce, ci aiuti a metterci sempre davanti a Dio con cuore disponibile, lasciando che la sua Parola giudichi i nostri comportamenti e le nostre scelte

Papa Francesco, Angelus di domenica 28 giugno 2020