25 Giugno 2023 – Non abbiate paura

 

Nel Vangelo di questa domenica (cfr Mt 10,26-33) risuona l’invito che Gesù rivolge ai suoi discepoli a non avere paura, ad essere forti e fiduciosi di fronte alle sfide della vita, preavvisandoli delle avversità che li attendono. Il brano odierno fa parte del discorso missionario, con cui il Maestro prepara gli Apostoli alla prima esperienza di annuncio del Regno di Dio. Gesù li esorta con insistenza a “non avere paura”. La paura è uno dei nemici più brutti della nostra vita cristiana. Gesù esorta: “Non abbiate paura”, “non abbiate paura”. E Gesù descrive tre situazioni concrete che essi si troveranno ad affrontare.

Anzitutto, la prima, l’ostilità di quanti vorrebbero zittire la Parola di Dio, edulcorandola, annacquandola, o mettendo a tacere chi la annuncia. In questo caso, Gesù incoraggia gli Apostoli a diffondere il messaggio di salvezza che Lui ha loro affidato. Per il momento, Lui lo ha trasmesso con cautela, quasi di nascosto, nel piccolo gruppo dei discepoli. Ma loro dovranno dire “nella luce”, cioè apertamente, e annunciare “dalle terrazze” – così dice Gesù – cioè pubblicamente, il suo Vangelo.

La seconda difficoltà che i missionari di Cristo incontreranno è la minaccia fisica contro di loro, cioè la persecuzione diretta contro le loro persone, fino all’uccisione. Questa profezia di Gesù si è realizzata in ogni tempo: è una realtà dolorosa, ma attesta la fedeltà dei testimoni. Quanti cristiani sono perseguitati anche oggi in tutto il mondo! Soffrono per il Vangelo con amore, sono i martiri dei nostri giorni. E possiamo dire con sicurezza che sono più dei martiri dei primi tempi: tanti martiri, soltanto per il fatto di essere cristiani. A questi discepoli di ieri e di oggi che patiscono la persecuzione, Gesù raccomanda: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima» (v. 28). Non bisogna lasciarsi spaventare da quanti cercano di spegnere la forza evangelizzatrice con l’arroganza e la violenza. Nulla, infatti, essi possono contro l’anima, cioè contro la comunione con Dio: questa, nessuno può toglierla ai discepoli, perché è un dono di Dio. La sola paura che il discepolo deve avere è quella di perdere questo dono divino, la vicinanza, l’amicizia con Dio, rinunciando a vivere secondo il Vangelo e procurandosi così la morte morale, che è l’effetto del peccato.

Il terzo tipo di prova che gli Apostoli si troveranno a fronteggiare, Gesù la indica nella sensazione, che alcuni potranno sperimentare, che Dio stesso li abbia abbandonati, restando distante e silenzioso. Anche qui esorta a non avere paura, perché, pur attraversando queste e altre insidie, la vita dei discepoli è saldamente nelle mani di Dio, che ci ama e ci custodisce. Sono come le tre tentazioni: edulcorare il Vangelo, annacquarlo; seconda, la persecuzione; e terza, la sensazione che Dio ci ha lasciati da soli. Anche Gesù ha sofferto questa prova nell’orto degli ulivi e sulla croce: “Padre, perché mi hai abbandonato?”, dice Gesù. Alle volte si sente questa aridità spirituale; non ne dobbiamo avere paura. Il Padre si prende cura di noi, perché grande è il nostro valore ai suoi occhi. Ciò che importa è la franchezza, è il coraggio della testimonianza, della testimonianza di fede: “riconoscere Gesù davanti agli uomini” e andare avanti facendo del bene.

Maria Santissima, modello di fiducia e di abbandono in Dio nell’ora dell’avversità e del pericolo, ci aiuti a non cedere mai allo sconforto, ma ad affidarci sempre a Lui e alla sua grazia, perché la grazia di Dio è sempre più potente del male.

Papa Francesco, Angelus di domenica 21 giugno 2020

18 Giugno 2023 – Comunicato importante riguardo alla nostra chiesa

 

Da lunedì 26 giugno la nostra chiesa verrà chiusa al pubblico per alcuni mesi per poter eseguire alcuni importanti lavori di ristrutturazione e restauro.

La celebrazione delle messe, feriali e festive, e delle altre liturgie viene spostata nella sala dell’Auditorium, presso l’oratorio parrocchiale ( via Fratelli Cervi ).

Gli interventi in programma si rendono necessari per risolvere alcune problematiche che si sono manifestate nel corso degli ultimi anni e sono i seguenti:

  • per eliminare le infiltrazioni d’acqua piovana è previsto il parziale rifacimento del manto di copertura, con inserimento di nuovo isolante limitatamente alle zone degradate e oggetto di infiltrazioni (zona adiacente campanile, compluvi e cupola). E’ prevista anche l’installazione del sistema di sicurezza per future manutenzioni in copertura;
  • per eliminare la pioggia che cade abbondante attraverso le vetrate, è previsto il restauro completo delle n. 24 vetrate artistiche della cupola e di n. 6 della navata, le più deteriorate e oggetto di fratture e distacchi delle tessere. E’ prevista anche l’installazione di un nuovo infisso a protezione, esterno;
  • il parziale rifacimento degli intonaci, conseguente alle necessarie opere di deumidificazione della parte inferiore delle pareti esterne oltre ad alcune opere di rinforzo strutturale delle volte con fibre di carbonio;
  • per adeguare l’impianto di riscaldamento alle norme attuali e ridurne sensibilmente i consumi, è prevista la realizzazione di un nuovo sistema di riscaldamento a pedane radianti con la sostituzione dell’ attuale caldaia , non più conforme alle vigenti norme, con una pompa di calore;
  • per poter nuovamente utilizzare le campane eliminando i rischi conseguenti alle vibrazioni trasmesse al campanile, se concesso, sarà rinnovato il sistema di funzionamento;
  • completeranno l’opera nuove pitturazioni interne ed esterne oltre al restauro dei portoni e delle pitture nelle lunette sopra le porte.

La spesa complessiva prevista è di circa 600.000 € e sarà finanziata in parte con i contributi della Conferenza Episcopale Italiana (fondi 8xMille) e in parte con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, verso le quali esprimiamo vivo ringraziamento.

Queste opere, necessarie sia per la manutenzione e conservazione della chiesa che per rendere sicuri e adeguati gli impianti, comporteranno qualche fastidio per lo spostamento delle celebrazioni liturgiche, ma renderanno la nostra chiesa ancora più decorosa e funzionale.

Il Parroco ed i Tecnici incaricati

11 Giugno 2023 – Mangiare e bere

Il pane che io darò è la mia carne (Gv 6,51)

 

Che la Parola di Dio abbia ritrovato il posto che le competeva nella liturgia e nell’esistenza cristiana è senz’altro un vantaggio indispensabile. Ma questa Parola – non dobbiamo dimenticarlo – è una Parola “fatta carne”, diventata un uomo, non condannata a restare voce o scritto.

Ecco perché la Parola non basta per accedere a una relazione autentica con Dio. Ed ecco perché essa passa attraverso la “carne” ed il “sangue” di Cristo, attraverso di lui, mediante il gesto semplice del mangiare e dl bere.

Mangiare e bere sono azioni primordiali che hanno a che fare con la nutrizione, gesti che non hanno bisogno di grandi discorsi perché si impongono immediatamente. Rispondono alla nostra fame e alla nostra sete, portano alla nostra esistenza energie vitali, trasmettono forza.

La “carne” ed il “sangue” di Cristo, certo, non sono un cibo ed una bevanda qualsiasi: attraverso di essi noi entriamo nel vivo di una comunione profonda.
Basta solo accogliere il dono, un dono prezioso. Basta accettare di lasciarsi trasformare: perché questo cibo non diventa qualcosa di noi, ma ci avvicina a lui, ci fa assomigliare a lui. Basta assecondare la forza e la vitalità che ci vengono da questo nutrimento.

In una civiltà in cui troppo spesso si avverte il bisogno di esprimersi e di esibirsi, di dire la propria parola per essere certi di esserci, qui quello che conta veramente è partecipare, tendere la mano per ricevere il dono riconoscerlo e accoglierlo, mangiare e bere.
In una società in cui ognuno cerca i segni della distinzione, per distanziarsi dalla massa, per mostrare la propria qualità superiore, si viene invitati ad una mensa in cui si è tutti figli dello stesso Padre, tutti poveri nutriti alla sua tavola, tutti fratelli perché partecipi della stessa dignità.

4 Giugno 2023 – Mistero d’Amore

Anrej Rublev – Trinità

 

Il mistero della Trinità è, innanzitutto, un mistero d’amore che domanda di essere raccontato; è il solo modo in cui possiamo entrarvi. Raccontare l’amore del Padre che chiama alla vita e alla esistenza l’universo e l’umanità. Un amore che desta alla vita creature quali autentici partner, dotati di coscienza, di libertà e di volontà. Raccontare l’amore del Figlio che viene a realizzare un disegno di salvezza e sceglie la strada dell’incarnazione. Si fa uomo.
Accetta tutti i rischi e pericoli connessi con questa condizione, pur di trasmettere la misericordia e la bontà. Disposto anche a donare la propria vita, a soffrire e a morire. Raccontare l’amore che ci raggiunge attraverso lo Spirito Santo mediante la sua forza che si manifesta in persone fragili, mediante la sua saggezza che si rivela nei semplici e nei piccoli. Per vie modeste e con mezzi poveri egli riesce a trasfigurare il volto della storia e a produrre cambiamenti imprevisti. Suscita il nuovo e lo rende radicato nel profondo dell’esistenza. Ma raccontarlo non basta. Quest’amore va accolto; facendo cadere ogni barriera e ogni difesa. Lasciandoci avvolgere dal suo calore e inondare della sua tenerezza.
Accoglierlo significa farlo entrare nella propria vita, dargli spazio in cima ai propri pensieri, riconoscerli priorità nei nostri progetti.
Accoglierlo significa rispondergli non solo a parole, ma con i fatti.
Dimostrando di prenderlo sul serio. Perché credere non vuol dire affermare la sua esistenza, ma affidargli la propria vita, mettersi nelle
sue mani.
Tutto questo, nonostante le nostre fragilità e infedeltà.
Celebrare la festa della Trinità significa lasciarci afferrare da questo amore per viverne e restarne trasfigurati. Prendere a cuore la relazione con Dio che risulta decisiva per questa vita terrena e per l’eternità.

28 Maggio 2023 – Il dono del Risorto

Giotto – Pentecoste (Cappella Scrovegni)

Apparvero loro lingue come di fuoco (At 2,3)

 

E’ la sera dello stesso giorno di Pasqua, quel giorno così pieno di emozioni per gli apostoli! Tutto è cominciato con il messaggio che le donne sono venute a portare. Poi la corsa al sepolcro, spalancato e vuoto. E di conseguenza la selva di interrogativi e di paure che abita il cuore e la mente. Adesso però Gesù stesso appare ai suoi, ristabilisce il contatto con loro e proprio nel luogo in cui aveva celebrato la sua Ultima Cena.

La comunione interrotta è ripristinata. Dopo gli eventi drammatici della passione e della morte. Dopo le fragilità e i tradimenti, dopo la tristezza e il dolore. Adesso il Signore è di nuovo in mezzo a loro. Quello che è accaduto non è stato solo un incidente di percorso. Se il Risorto mostra le sue mani forate dai chiodi e il suo fianco squarciato dalla lancia è perché quelli sono i segni autentici dell’amore ed è passando per quel tunnel oscuro e difficile di sofferenza e di morte che si è compiuta la salvezza dell’ umanità.

La reazione degli apostoli è immediata: dopo tanto dolore finalmente fiorisce la gioia! Vedere di nuovo Gesù significa ritrovare la speranza. La loro non è stata solo una illusione. Se egli è vivo, la morte non ha potuto dire l’ultima parola. Se egli è vivo, il suo progetto è vero ed è più forte di qualsiasi cattiveria umana.

Il saluto di Gesù, che li raggiunge, è anche il suo primo dono: è quella pace che coincide con la realizzazione del progetto di Dio. Non significa tranquillità, ma pienezza di vita. Questa pace deve essere fatta conoscere a tutti.

È stata proprio questa la missione di Gesù: affrontare e vincere le forze del male, strappare gli uomini al peccato e alla cattiveria. Lo ha fatto con la sola forza dell’amore, offrendo se stesso, la sua stessa vita, fino a morire. Ora il testimone passa ai suoi: la strada che lui ha tracciato e percorso per primo, tocca a loro imboccarla.

Non saranno soli, però. Non verranno abbandonati a stessi, alle loro sole energie. Il Risorto dona loro lo Spirito: il soffio vitale capace di trasformare i cuori e la faccia della terra.

Sarà Io Spirito, dunque, a condurli. Sarà lo Spirito a trasmettere forza e luce. Su di lui potranno sempre contare.
Presenza discreta, ma sicura, io Spirito Santo produrrà cambiamenti inspiegabili. A partire da loro stessi che affronteranno il mare aperto della storia e andranno incontro a ostilità e rifiuti, senza paura. Saranno loro, con il loro coraggio e la loro fiducia, il primo segno di quello che Egli può operare.

21 Maggio 2023 – Andate… io sono con voi

Perugino – Ascensione di Cristo

Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19)

L’appuntamento è in quella Galilea che era stata da sempre luogo di passaggio, di invasioni, di scontri. Regione multietnica, diremmo noi oggi.
E’ lì che il Risorto dà appuntamento ai suoi. Non al chiuso di una stanza densa di ricordi, come il cenacolo. Non nel calore di una riunione intima, tra i pochi che hanno condiviso con lui entusiasmi e speranze, fatiche e contrasti. Tutt’altro. Visto che i discepoli dovranno affrontare il mare aperto, andare ai quattro angoli della terra a portare la buona novella, tanto vale la pena mettersi già in posizione di partenza.
Di una partenza, infatti, si tratta.
Di uno stacco dalla terra che hanno percorso insieme, Maestro e discepoli, verso le terre più lontane, tra i popoli che parlano lingue diverse e hanno culture molto differenti fra loro.
Questo: “Andate!” verso “tutte le nazioni” è scritto da quel giorno nei cromosomi della Chiesa.
Un verbo di movimento che richiama continuamente tutti coloro che hanno la vocazione dei sedentari, tutti quelli che vorrebbero fermarsi per contarsi, per scavare qualche trincea, per innalzare delle barriere di fortificazione. Non è questo che Gesù chiede ai suoi discepoli.
L’immagine del cristiano non è quella di un uomo che apre il Vangelo e si immerge nella lettura, sprofondando nella comoda poltrona, con i piedi infilati nelle pantofole. Il vangelo è un libro di viaggio, da aprire per strada, da far trasparire nel cammino di ogni giorno, quello che si intraprende assieme a uomini e donne di ogni età, provenienza, tradizione.
Il Vangelo è fatto per cambiare la realtà, per destare e far affrontare la strada.
Missione rischiosa? Certo. Ne sanno qualcosa i missionari e le missionarie di ogni tempo.
Non è possibile immaginare quello che accadrà e bisogna veramente mettere in conto tutto: i processi, il carcere, le malattie, le infermità, l’isolamento, l’incomprensione, la calunnia. Tutto! Missione impossibile, dunque? Fatta apposta per pochi eroi, non per uomini e donne comuni?
No. Gesù affida un compito, ma assicura anche la sua presenza: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
E’ qui che riposa la fiducia e la serenità che accompagnano i messaggeri del vangelo, anche nei frangenti più drammatici.
E’ la certezza di non essere solo, in balia del caso, nelle mani della cattiveria umana, ma accompagnati, seguiti a vista d’occhio, sostenuti e preceduti dal Signore Gesù.

14 Maggio 2023 – Amore e comandamenti

Amore e comandamenti: ecco due realtà che sembrano distanti, se non addirittura in opposizione tra di loro.
Secondo una certa visione romantica della vita l’amore è tutto spontaneità, effusione, tenerezza e passione. E quindi non si può mettere un freno, un limite alla passione.
Comandamento evoca tutt’altro: sa di imposizione, di ordine. Evoca l’obbedienza e il rispetto delle regole.

Come mettere assieme cuore e regole, passione e limiti, tenerezza e ordini? Se vediamo le cose in questo modo le parole di Gesù ci suonano come strane, irrealizzabili. E invece Gesù sembra non avere dubbi, al punto da ripetere la stessa frase per due volte, in pochi versetti: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”.

Probabilmente l’amore che Gesù ci comanda, l’amore che si attende, non è quello della letteratura romantica. Ci chiede di amarlo con tutto noi stessi, e quindi anche con la testa e con la volontà. Ci chiede di dargli fiducia, di abbandonarci a lui, rinunciando a far valere sempre il nostro modo di giudicare, di valutare, di agire.
Ci chiede di affidargli la nostra vita, mettendoci per quella strada che è lui stesso. Inutile cercare di nasconderselo: non si tratta di una autostrada comoda. Anzi, è un percorso stretto e ripido. Le indicazioni che ci vengono offerte non sono quelle che ci attenderemmo.
Così dobbiamo fare i conti con i sassi e i passaggi ripidi. La fede, del resto, la si vede proprio in questi frangenti: quando ci si affida al Signore anche se si devono affrontare rischi e pericoli. Inutile immaginare un cristianesimo senza comandamenti: semplicemente perché non esiste: Il conflitto che sorge tra la nostra mentalità e il disegno di Dio è del tutto naturale. C’è per ogni discepolo, come per Gesù, un orto degli olivi.

Non siamo soli, però. Non siamo abbandonati a noi stessi, alle nostre paure e ai nostri momenti di scoraggiamento. Gesù ci assicura un compagno di strada, discreto ma sempre presente, un consolatore, un suggeritore che ci porta verso la verità del Vangelo: lo Spirito Santo.
Senza di lui mettere insieme amore e obbedienza, fiducia e comandamenti, pace del cuore e fatica quotidiana sarebbe cosa impossibile. Ma lo Spirito è con noi proprio per realizzare l’impossibile, proprio per costruire il Regno di Dio servendosi della nostra fragilità e della nostra debolezza.

7 Maggio 2023 – Via, verità e vita

Io sono la via (Gv 14,6)

Se il Messia va incontro alla passione e alla morte, che ne sarà dei suoi discepoli? Se il Risorto vive al modo di Dio e non ci offre più una presenza fisica, come può intervenire sulla nostra vita così tremendamente abbarbicata alla terra? Ma le cose non stanno come sembrano. Il Crocifisso risorto diventa un punto di passaggio determinante per la nostra salvezza. Solo attraverso di lui, che ora agisce ben al di là di un raggio di contatto fisico, noi possiamo trovare la libertà e la pienezza che desideriamo, a cui agogniamo.

E’ lui, infatti, la via. Seguendo le sue orme si attraversano paesaggi angusti, ma è l’unica strada che conduce verso un’esistenza trasfigurata dalla gloria di Dio. Non ci sono scorciatoie che permettano di arrivare al giorno della risurrezione, senza passare per il Calvario. Non c’è la possibilità di essere esonerati dalla fatica e dal sacrificio, né di trovare un itinerario facile, che porti alla felicità. Gesù è la via. Non si limita ad indicare la strada, ma la percorre per primo. Non è solo colui che precede, ma ci fa passare “attraverso” di lui. Pellegrini in questo mondo, senza stabile dimora, grazie a lui noi possiamo giungere al traguardo, alla casa del Padre.

Gesù è la verità. E’ lui che ci rivela l’autentico volto di Dio e ci sottrae a tante raffigurazioni fuorvianti, opera dell’uomo, della sua fantasia. Per mezzo suo siamo liberati dagli idoli, di cui riconosciamo l’inconsistenza e incontriamo colui che solo può dare compimento ai nostri desideri più profondi. A partire da questa manifestazione cambia anche la nostra visione di noi stessi, del mondo, della storia. Se Dio è Padre e noi siamo i suoi figli, appaiono la nostra profonda dignità e il nostro destino. Nello stesso tempo gli altri assumono le sembianze non degli avversari o dei concorrenti, ma dei fratelli. Questa nostra storia non è più abbandonata al caso perché è Dio a condurla, a guidarla verso il compimento.

Gesù è la vita. Non una vita qualsiasi, condotta in qualche modo, sui binari scontati di una mediocrità considerata ineluttabile. Quello che ci viene offerto è la vita stessa di Dio che percorre la nostra esperienza umana: la sua luce e la sua forza che trasformano il nostro modo di affrontare le vicende difficili, di far fronte ad ostacoli e ferite. Abitati da questa pienezza, i discepoli si lasciano condurre da una fiducia e da una speranza sconosciute. Approdano ad una pace che nasce dalla certezza di essere nelle mani di Dio, in qualsiasi frangente. Questa vita, poi, sbocca nell’eternità. Valica le dimensioni del tempo e dello spazio per assumere i connotati di una esistenza nuova, completamente immersa nell’amore di Dio.

Via, verità e vita: passaggio indispensabile per entrare nella novità di una esistenza nuova, che non è frutto della volontà o dell’intelligenza umana, ma puro dono, pura grazia, offerta generosa della bontà di Dio.

30 Aprile 2023 – La voce del Pastore

Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia, Buon pastore (mosaico prima metà del V secolo)

 

Il rapporto che Gesù Risorto desidera instaurare con ognuno di noi non è una realtà generica, che raggiunge tutti in modo indistinto. Gesù cerca una relazione personale, ecco perché il Vangelo di oggi sottolinea il ruolo della sua “voce”. Non si tratta solo di un messaggio, di un discorso, di parole: è la sua voce che ognuno è invitato a riconoscere e seguire, una voce che ha un timbro inconfondibile e che si rivolge a ognuno di noi, chiamandoci per nome.

Per intendere questa voce bisogna che ci sia un minimo di silenzio. Non può essere distinta, infatti, in mezzo al baccano e al chiasso. Ci vuole silenzio perché essa si faccia sentire nitidamente. Occorre essere in atteggiamento di ascolto per non perdere nulla di quanto viene proferito, per accogliere subito ciò che il pastore dice al discepolo.

E’ però decisivo, allora, seguirlo, mettere i nostri passi sui suoi, rischiare la nostra esistenza dietro a lui, facendo le sue tesse scelte accettando di affrontare anche noi gli ostacoli che si frappongono.

Non è casuale che proprio questa domenica la Chiesa celebri la Giornata di preghiera per le vocazioni. In effetti, al fondo di ogni chiamata ci sono proprio queste esperienze, che segnano tutta l’esistenza di un cristiano e lo inducono a cercare non il proprio tornaconto, non i propri interessi, ma un ruolo che implica il dono, il servizio, l’offerta di sé. Sono queste esperienze che sostengono il cammino di una vocazione, perché cercare il progetto di Dio non è una operazione che avviene solo in un momento magico, ma esige la costanza e la perseveranza. Lo slancio delle origini non può venir meno per esaurimento. L’impegno domanda di essere sostenuto da una relazione che innerva le decisioni e le scelte di ogni giorno. Altrimenti la routine fa scivolare facilmente nella ripetizione stanca di gesti e di parole che perdono il loro senso. Tutto si regge sulla percezione di un amore che ci raggiunge lì dove siamo, nella nostra concreta situazione, con le nostre fragilità e debolezze, con le nostre infedeltà e il nostro peccato.

Quest’amore è, di volta in volta, un amore tenero ed esigente, compassionevole e determinato, perché sa coniugare la verità con la giustizia e la misericordia. Accogliere quest’amore vuol dire far cadere le nostre difese ed abbandonarci interamente a colui che solo riesce a colmare di senso la nostra esistenza. Accogliere quest’amore conduce a rispondere “all’amore con l’amore” e quindi ad accettare anche la strada disagevole che comporta il sacrificio di se stessi, la sofferenza, la croce.

La risposta che il discepolo dà con tutta la sua esistenza rimane inspiegabile se non all’interno di questa logica. Non si può rendere ragione dell’amore se non se ne colgono gli aspetti fondamentali, l’origine e le conseguenze che esso provoca. Ciò che risulta eccessivo è comprensibile quando ci si è imbattuti in un dono smisurato, che sfugge a ogni limite. Ciò che sembra, a prima vista, contrario alla razionalità, appare come l’unico atteggiamento adatto per ricambiare – almeno in qualche modo – quanto si è ricevuto in sovrabbondanza.

Senza l’incontro con il Pastore che dà la vita, senza l’ascolto della sua voce, non si capisce chi lo segue per la via esigente e gioiosa da lui tracciata.

23 Aprile 2023 – Lungo la via

Duccio Da Boninsegna – I discepoli di Emmaus

 

È lungo la via, mentre sono in cammino, che quei due discepoli compiono un’esperienza che lascia il segno. Percorrono la loro strada con il cuore gonfio di tristezza perché hanno patito una cocente delusione. Si allontanano da Gerusalemme perché è proprio lì che è stata uccisa la loro speranza. Hanno creduto in Gesù, nel suo messaggio, nel mondo nuovo di cui ha parlato.
Ma ora Gesù è da tre giorni nel sepolcro: catturato dalla polizia nel tempio, giudicato con un breve processo dal sinedrio, condannato a morte dal procuratore, è finito sulla croce. Nulla sembra poter strapparli a questo stato d’animo, neppure l’annuncio portato dalle donne all’alba di quel giorno. Ora la realtà li costringe a tenere i piedi ben piantati per terra: “lui non l’hanno visto”. Ecco cosa si sente dire quel viandante che si è accostato a loro e ha chiesto di partecipare ai loro discorsi.

Ed è proprio da lì che egli parte per condurli, mentre i piedi li portano a Emmaus, per un altro viaggio, questa volta nelle scritture. Il confronto con l’Antico Testamento nasce da quell’interrogativo che si portano dentro: perché? Perché è accaduto tutto questo? “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”

La passione e la morte di Gesù si trasformano, da avvenimento in un punto di passaggio obbligato per arrivare alla gloria. Quelle parole hanno il potere di riscaldare il loro cuore: mentre guardano gli avvenimenti dolorosi degli ultimi giorni con occhi diversi, ritrovano la speranza e la fiducia in Gesù. Così quando egli si ferma e spezza il pane, finalmente i loro occhi si aprono: quel pane è la sua esistenza, spezzata per la vita del mondo, perché il male e il peccato subissero una sconfitta decisiva e fosse donata a tutti la possibilità di una vita nuova.